Spumante

Buongiorno amici di Cantine Cerresi, in questa articolo parleremo di un illustre sconosciuto: lo spumante.

Infatti quasi tutti sanno che cosa sia, ma pochi conoscono come si produce e, soprattutto, quando si beve.

Partiamo dalla definizione vera e propria:

Il vino spumante è un vino che all’apertura produce spuma, questa spuma è causata dalla presenza di anidride carbonica, che all’atto dell’apertura della bottiglia di vino spumante, deve avere una sovrapressione non inferiore a 3 bar.

Attenzione: lo spumante non è da confondere con il vino frizzante che ha, invece, una pressione interna compresa tra 1 e 2.5 bar.

Ma  come si ottiene l’anidride carbonica dello spumante?

Per ottenere un prodotto di qualità non si può semplicemente addizionare il gas dall’esterno con un gassificatore, come si fa per l’acqua frizzante, altrimenti avremo delle bolle grandi e la perdita dei profumi e dei sapori del vino. Tuttavia non è una pratica vietata; ecco perché si trovano in commercio spumanti a 2 € o meno!!!

Per ottenere un prodotto con i profumi e i sapori tipici di un buon spumante bisogna produrre l’anidride carbonica direttamente all’interno del liquidi facendo fermentare nuovamente il vino con dei lieviti selezionati.

Questo procedimento non è così immediato come si possa pensare e può essere fatto in due modi diversi, anche se si usano gli stessi ingredienti.

Gli ingredienti fondamentali.

Vino base: è la componente principale dello spumante; incide in modo diretto sulla qualità del prodotto finale. Per la sua preparazione è necessaria una particolare cura: si adopera infatti una vendemmia anticipata delle uve, che non sono giunte ancora a completa maturazione. In questo modo il mosto ottenuto manterrà molti degli aromi varietali propri del vitigno ed avrà l’acidità necessaria per poter fare una secondo fermentazione ottimale.

Le uve vengono pigiate senza diraspamento e con una  pressatura soffice in presse pneumatiche per evitare la rottura della parte legnosa del grappolo (graspo), che potrebbe apportare componenti indesiderati al vino. Refrigerazione del mosto a 6-8°C per inibire ogni inizio di fermentazione e favorire la decantazione naturale delle fecce. Nel mosto ormai pulito si inoculano lieviti selezionati per una fermentazione corretta alla temperatura di 16-20°C. In tal modo si conserveranno le caratteristiche floreali ed il fruttato dell’uva. Filtrazione a fine fermentazione e conservazione in recipienti di acciaio inox.

Molto spesso il vino base è una cuvée, ovvero una sapiente miscela di vini prodotti a partire da uve provenienti da vigne diverse e di varie annate, creata dal mastro vinaio per esaltare al meglio le caratteristiche del vino. Se la cuvée è composta di uve almeno per l’85% della stessa annata, allora lo spumante merita la denominazione di “millesimato” e può essere riportata l’annata in etichetta.

Una nota di colore, il rosato non può essere ottenuto, per legge, da una misciela di bianco e rosso. Il rosato si ottiene facendo macerare le vinacce nel mosto per un tempo molto minore risetto al rosso, generalmente 2-3 giorni, ed a una temperatura non troppo elevata (circa 16-18 °C).

Ora che abbiamo un vino base adeguato siamo pronti ad aggiungere un secondo ingrediente.

Liqueur de tirage (sciroppo di tiraggio): è una miscela di vino con una precisa quantità di zucchero, lieviti e sostanze minerali atte a facilitare la compattazione delle fecce. Sono generalmente aggiunti anche degli additivi enologici per favorire il metabolismo dei lieviti. Lo zucchero addizionato è di 24 g/l, generando così una sovrapressione di 6 atm (da 4 g di zucchero si ottiene una atmosfera). Nei Satèn lo zucchero è di 18 g/l; la pressione finale sarà quindi di sole 4,5 atm.

Lo sciroppo di tiraggio è ciò che permette di innescare la seconda fermentazione, perché apporta i lieviti (sono Saccharomyces cerevisiae e il Saccharomyces bayanus, che riescono a contenere la produzione di acido acetico, ma soprattutto riescono a fermentare bene anche con livelli di etanolo moderatamente alti) e lo zucchero (il nutrimento per i lieviti) che lo metabolizzeranno e lo trasformeranno in anidride carbonica, e quindi nella SPUMA tanto cercata.

Ora che gli ingredienti sono stati miscelati, lo spumante è pronto ad affrontare la presa di spuma e l’affinamento. Queste fasi possono essere eseguite in due modi diversi, ciascuno dei quali comporta sapori e aromi specifici:

  • se mettiamo la miscela nelle champagnotte e sigilliamo con il tappo corona, allora stiamo praticando il metodo classico (o méthode champenoise), inventato da Pierre Pérignon, monaco benedettino francese;
  • se poniamo la miscela nelle autoclavi (grandi contenitori pressurizzati), stiamo seguendo il metodo Martinotti-Charmat inventato da Federico Martinotti, direttore dell’Istituto Sperimentale per l’Enologia di Asti, e applicato da Eugène Charmat.

 

Analizziamoli più nel dettaglio.

IL METODO CLASSICO:

Dopo l’imbottigliamento, le bottiglie vengono lasciate a riposare in orizzontale nelle cantine, dove umidità e temperatura sono costanti.

Le bottiglie dovranno riposare in posizione orizzontale per permettere l’affinamento dei lieviti per un periodo prolungato che solitamente dura dai 18 fino a più di 30 mesi, mentre per i Millesimati deve come minimo essere di 33 mesi (mille giorni).

Per il metodo classico, la durata dell’evoluzione sui lieviti equivale all’invecchiamento di un vino: maggiore è il periodo, maggiore è la complessità dello spumante. 

Finito l’affinamento, le bottiglie vengono prese dalle cataste di maturazione e, dopo aver staccato il deposito tramite scuotimento, vengono poste su appositi cavalletti (pupitres) per effettuare il remuage: le bottiglie sono giornalmente ruotate di 1/8 di giro e inclinate periodicamente per veicolare le fecce verso il collo della bottiglia entro 1-2 mesi; alla fine di questo periodo, le bottiglie si troveranno in posizione quasi verticale e lo spumante è pronto per l’ultima fase della lavorazione.

Prima della messa in commercio è necessaria la sboccatura, ovvero stappare la bottiglia da cui, per effetto della sovrapressione, fuoriuscirà il residuo solido formatosi sotto il tappo. Quando i moderni macchinari non erano ancora disponibili, il tecnico di cantina effettuava il dégorgement à la volée, cioè stappava la bottiglia e la richiudeva con il pollice non appena fuoriuscivano le fecce. Oggi si utilizzano i “congelatori di colli”, appositi macchinari che ghiacciano solo lo spumante contenuto nel collo della bottiglia: una volta aperta la bottiglia, sempre per effetto della pressione, il cilindretto di ghiaccio con le fecce viene espulso.

Dopo la sboccatura bisogna rincalzare la bottiglia con ulteriore liquido, il liqueur d’expédition o “sciroppo di dosaggio”, la cui ricetta varia da produttore a produttore, ma è essenzialmente costituito da vino e zucchero, con l’aggiunta di vino invecchiato e in alcuni casi persino di distillato.

Con tale passaggio l’azienda produttrice dà una caratteristica “impronta” al proprio spumante, il quale possiederà un suo specifico gusto e un bouquet diverso da tutti gli altri spumanti.

Ora lo spumante è pronto ad essere chiuso con il tradizionale tappo a fungo e con la gabbietta metallica che evita la fuoriuscita del tappo.

Che dire, il metodo classico è una lavorazione lunga e complicata! Ma permette di avere un prodotto raffinato e complesso nel quale fa da padrone il sentore di lieviti e quindi la lavorazione è importantissima.

Il risultato del Metodo Classico sarà un vino complesso, che valorizza i sentori di lievito più che dell’uva, dalla bollicina fine e persistente, poiché la lunga permanenza in bottiglia permette alle bollicine di legarsi alle proteine e amalgamarsi perfettamente al vino.

IL METODO MARTINOTTI – CHARMAT

ll metodo Martinotti-Charmat prevede di porre la miscela di vino base e sciroppo di tiraggio nelle autoclavi, grandi contenitori in grado di mantenere alte pressioni (fino a 8 atmosfere), provviste di termostati, agitatori e ossigenatori, grazie ai quali i lieviti non si depositano, non vanno in sofferenza per la mancanza di ossigeno e non subiscono shock termici, quindi portano a termine la fermentazione velocemente e senza intaccare i sentori fondamentali del vino.

Questo metodi di lavorazione fu ideato da Federico Martinotti, direttore dell’Istituto Sperimentale per l’Enologia di Asti, e applicato da Eugène Charmat, un produttore francese che costruì le attrezzature teorizzate da Martinotti.

Subito dopo la messa in autoclave si attiva la fermentazione, che si completerà entro 15-20 giorni.

Lo spumante viene poi passato in un’altra autoclave tramite filtrazione in ambiente iperbarico, cioè con una pressione maggiore rispetto al gas disciolto nel vino, per evitare perdite di anidride carbonica.

Nella nuova autoclave lo spumante viene sottoposto a una temperatura di circa 4°C per fermare la fermentazione e permettere alle fecce di depositarsi.

A questo punto il vino è pronto per essere imbottigliato e tappato con il tradizionale tappo a fungo e con una gabbietta metallica, la quale evita che il tappo fuoriesca.

Sia per la relativa facilità produttiva rispetto al metodo classico sia per la maggior fruibilità e immediatezza dei prodotti, è un fatto noto che sia in Italia sia nel resto del mondo, la stragrande maggioranza di bottiglie di spumante è di tipo Martinotti. Comunque, l’enorme successo commerciale, i prezzi decisamente minori e la massiccia preferenza “popolare” non devono far dimenticare che esistono grandissime espressioni di spumanti Charmat.

Negli spumanti a Metodo Martinotti, grazie alla rapidità della lavorazione, vengono esaltate le note aromatiche e fruttate e da qui l’impiego per la produzione di vini meno strutturati, ma più freschi ed immediati.

Siamo giunti quasi alla fine, nel qui potete vedere alcuni esempi di spumanti metodo classico e metodo Martinotti – Charmat, ma soprattutto quando, finalmente, possiamo berli e apprezzarli.